“The Outrun” è la seconda produzione internazionale di Nora Fingscheidt, dopo il successo già ottenuto alla Berlinale con “Systemsprenger”. Con la star statunitense Saoirse Ronan nel ruolo della protagonista, la regista tedesca propone stavolta un avvincente dramma sull’alcolismo.
Di Philipp Bühler
In un pub di Londra, ben oltre l’orario di chiusura, Rona viene buttata fuori dal locale dopo essersi rapidamente scolata gli ultimi drink. Totalmente ubriaca, reagisce con tutta la forza che ha in corpo, urlando e sbraitando, mentre bruschi movimenti di macchina e un sapiente montaggio rendono con crudezza la sua lotta per prolungare ancora un po’ il divertimento, ma anche la sua perdita di controllo, alla fine di una notte annegata nell’alcol. “Non sarò mai più così felice da sobria”, si lamenterà più tardi, tenendosi inizialmente un occhio nero.
Adattamento di un romanzo dallo splendido linguaggio visivo
In alcuni momenti sembra quasi di vedere doppio come Rona, ed è come se con
The Outrun Nora Fingscheidt avesse girato il seguito di
Systemsprenger (System Crasher), suo grande successo alla Berlinale del 2019: è quasi impossibile, in effetti, non vedere in Rona, magistralmente interpretata da Saoirse Ronan, la Benni protagonista del precedente film, allora ragazzina e nel frattempo cresciuta. Il linguaggio visivo davvero brillante, se non addirittura inebriante, funziona alla perfezione grazie a un felice connubio: pare sia stata la stessa Ronan, star hollywoodiana irlandese-americana, a chiedere alla regista Fingscheidt di lavorare all’adattamento del romanzo. Ora capiamo il perché. Dopo il flop del dramma sociale
The Unforgivable (USA/D 2021), la regista tedesca – che tra l’altro ha partecipato molti anni fa al programma
Berlinale Talents – mostra in questa seconda produzione internazionale tutti i suoi punti di forza.
Disintossicarsi sulle isole Orcadi
Il triste percorso nell’alcolismo di Rona, biologa disoccupata, ha un potenziale decisamente kitsch: dopo aver fallito a Londra, per disintossicarsi torna alle isole Orcadi, al largo della Scozia, terra d’origine dei suoi genitori, dove al posto delle feste sfrenate ci sono gli Alcolisti Anonimi e, naturalmente, un paesaggio meravigliosamente aspro, facilmente interpretabile come riflesso di un’anima sballottata dalle tempeste. Ma Fingscheidt e Amy Liptrot, autrice del libro e coautrice del film, mantengono alta la tensione: analogamente alle continue ricadute di Ronan, l’utilizzo dinamico del flashback confonde gli stadi alterni della dipendenza e la costante possibilità di ricorrere alla bottiglia. In una scena superbamente orchestrata, Ronan dirige il mare, proprio come era solita fare, almeno nella sua immaginazione, con le folle festanti nei pub. Il ritiro per la cura disintossicante, comunque, non è una vacanza e il romanticismo isolano della regista risulta convincentemente aspro. Peccato che
The Outrun non abbia potuto presentarsi in concorso, essendo passato già a gennaio in anteprima mondiale al Sundance Film Festival, negli Stati Uniti.
Commenti
Commenta