Permacultura | Intervista con Jonas Gampe e Saviana Parodi
L’agricoltura può salvare il mondo
In armonia con la natura, la permacultura permette di ottenere raccolti quattro volte superiori rispetto all’agricoltura tradizionale, senza prodotti chimici né macchine. Sembra incredibile, eppure funziona, ad esempio in Francia. È la soluzione per tutto? Jonas Gampe lo dimostra e Saviana Parodi diffonde l’idea della comunità sostenibile. Qui scambiano le loro idee.
Di Sabine Oberpriller
Saviana Parodi: La clausura durante il lockdown ha comportato una maggiore consapevolezza. L’estate scorsa ho constatato che le persone che venivano ai nostri incontri non lo facevano per seguire una moda, ma erano invece fortemente motivate, e ho capito che la necessità reale – la malattia, la mancanza di cibo, i problemi gravi – è una delle vie, per noi esseri umani, di renderci conto che stiamo sbagliando qualcosa.
Jonas Gampe: È un trend che indica che la gente desidera mangiare più sano, che ha sviluppato una relazione più stretta con un’alimentazione genuina e non accetta semplicemente tutto ciò che le viene proposto. Molti hanno ripreso a coltivare un orto! Nei prossimi anni gli eveniti climatici estremi scuoteranno sempre più persone. L’uomo sta perdendo la salute: è la natura che ci mostra cosa non sta funzionando.
Cos’è la permacultura?
J.G.: In ambito agricolo mi piace definirla un “ecosistema commestibile” in grado di autoregolarsi. È un sistema che rende tanto quanto l’agricoltura convenzionale, ma invertendo gli effetti negativi di quest’ultima. Per funzionare, però, occorre interconnettere le strutture ecologiche, economiche e sociali.
S.P.: Giusto! Viviamo da almeno due secoli in un’epoca industrializzata nella quale contano solo la produzione e il profitto. Una logica che è andata a discapito della salute dell’essere umano e dell’ecosistema. L’aspetto più interessante della permacultura è coniugare l’etica con la pratica: se per portare soldi a casa non rispettiamo i diritti umani, gli animali selvatici o la natura in generale, non ci comportiamo in maniera etica. Se per costruire macchine elettriche andiamo in Congo e distruggiamo i terreni per sfruttare le miniere, per prendere il cesio e gli altri elementi che occorrono per produrle, questo non è né ecologico, né etico.
L’umanità potrebbe raggiungere la neutralità climatica in pochi anni”.
Jonas Gampe
J.G.: È qui che si trova il più grande potenziale! Se facessimo permacultura su tutti i terreni agricoli, l’umanità raggiungerebbe la neutralità climatica nel giro di pochi anni e non servirebbe neanche pensare alle energie rigenerative.
Una tesi provocatoria!
J.G.: La capacità rigenerativa del pianeta è ormai al limite, la biosfera sta cominciando a collassare. Per estensione territoriale, la superficie più vasta è di gran lunga quella destinata all’agricoltura. A vantaggio dell’agricoltura industrializzata, però, gli ecosistemi stabili sono stati trasformati il più possibile in grandi monocolture, e questo sia per l’agricoltura convenzionale, sia per quella biologica, con effetti negativi devastanti. La permacultura trattiene l’acqua e la depura, frena il vento, conferisce umidità all’aria e genera spazio vitale. Signor Gampe, con un’azienda agricola visitabile sta dimostrando dall’inizio del 2021che la permacultura è l’alternativa migliore.
J.G.: Finora mancava un esempio di azienda agricola di grandi dimensioni che potesse dimostrare la redditività della permacultura. La conversione è un processo a lungo termine e noi stessi stiamo cominciando con 9 ettari, con l’obiettivo di arrivare a 100. Un primo passo sono dei sistemi agro-forestali nei quali inframezzare alle coltivazioni annuali preesistenti alberi e arbusti da frutta. Lo scopo è dimostrare che in una grande tenuta un agricoltore può coltivare 2.000 ettari in maniera diversificata e redditizia. I macchinari agricoli già presenti vanno utilizzati finché funzionanti, dopo di che ha senso passare a un’agricoltura solidale o all’assunzione di manodopera aggiuntiva.
Il vostro vivaio, invece, è fallito a causa delle autorizzazioni. Le diverse regolamentazioni sono un problema?
J.G.: Le regolamentazioni hanno senso, per lo più, per la tutela del paesaggio, della natura e delle acqua. Nei terreni agricoli, invece, possiamo argomentare che coltiviamo piante commestibili, e parlando di riserve naturali, possiamo sostenere che nel nostro sistema tutto va a tutela della natura. Si rivela fatale, purtroppo, il fatto che politica e autorità locali finiscano per osteggiare metodi che avrebbero un futuro, quando sarebbe invece auspicabile prevedere adeguati finanziamenti.
S.P.: Non so dire come ci si debba muovere con la burocrazia italiana. Da un lato, non tutto è regolamentato a livello legislativo; dall’altro sono allergica alla regolamentazione e tendo piuttosto a “fare”. Certo, molto dipende anche dalla situazione locale: io sono andata al comune e ho spiegato tutto; loro hanno capito che sono strana e diciamo che mi hanno accettata come anomalia, ma comunque qui è tutto aperto, non ho recinti, può entrare chiunque, e perciò si sono resi conto che non faccio speculazione e mi lasciano fare. So però che in altre realtà italiane, se ci si vuole muovere rispettando la burocrazia, è davvero molto complicato.
Qual è il Suo progetto attuale, signora Parodi?
S.P.: Parto dai dati di uno studio: è il 4% della popolazione mondiale a usare l’80% delle risorse, e io non voglio fare parte di quel 4%! Ho un terreno a Bolsena di appena 7.000 metri quadri con una earth ship, un giardino commestibile e ulivi, e ci può venire chiunque. Mi piace mostrare alle persone che la vita è più semplice di quanto pensiamo.
Ascoltando i nostri racconti e assaggiando altri alimenti, le persone acquistano una diversa consapevolezza.”
Saviana Parodi
S.P.: Noi occidentali mangiamo male e troppo velocemente. Il cibo che assumiamo supera di 4-5 volte il nostro fabbisogno e perciò il nostro corpo espelle il 70% degli alimenti senza scinderli e assorbirli. Durante i nostri corsi non prepariamo le tipiche specialità italiane, ma pietanze molto diverse. Noi raccontiamo queste cose e facciamo provare un altro tipo di alimentazione naturale, e nella gente cambia la consapevolezza. Mia figlia ha 19 anni e non si è mai ammalata, lo racconta lei stessa e le persone fanno domande, dimostrano curiosità e apertura. Quando una cosa funziona, si vede, ed è l’esempio che conta e si diffonde. Nel giro di vent’anni ho osservato un grande cambiamento.
J.G.: Se si cambiano le strutture, automaticamente cambiano molte cose. Se localmente ci sono ecosistemi diversificati e commestibili, è probabile che le persone adottino una dieta più varia, usino più erbe selvatiche, frutta, bacche e noci, e meno cereali. Come vegetariani si potrebbe essere autosufficienti; l’allevamento di animali è più dispendioso.
S.P.: Non si torna mai indietro, l’evoluzione va avanti! Il lockdown ci ha insegnato tante cose, anche che non serve essere autosufficienti: io non lo ero, ma i miei vicini producono cose diverse e l’importante è la rete locale. Attorno a noi c’è tutto.
Come si è sviluppato l’interesse per la permacultura in Italia?
S.P.: Mi ha sorpreso che negli ultimi quindici anni, nella nostra regione, le cose siano andate avanti praticamente da sé, a livello sociale, di salute e anche in termini economici. Un esempio: nella mia zona non c’era grande mercato per i prodotti biologici, e allora qualche anno fa un gruppo che si è formato spontaneamente ha cominciato a chiedere chi fosse interessato, qui in zona, e si sono ritrovati da me in 70 (tra l’altro io non c’ero). Da lì è nata la comunità rurale diffusa. Nel lockdown questo processo si è accelerato: la rete c’era già e abbiamo fatto funzionare la comunità, il sostentamento reciproco, il sostegno ai più deboli, agli anziani. Ognuno ha fatto la propria parte contribuendo come poteva ed è stato un fiorire di attenzioni gli uni verso gli altri. Ecco, loro forse non avranno usato questo termine, ma per me anche questo è “permacultura”.
J.G.: Ancora una volta ha funzionato l’approccio sociale. In Germania c’è stretta collaborazione tra i gruppi e ormai sono così tanti, per fortuna, che non ci si conosce neanche più direttamente.
L’acqua è un tema a Lei molto caro, signora Parodi. Come si fa a ripristinarla quando viene a mancare?
S.P.: Tutta la materia viene gestita da miliardi di anni dai microorganismi. Vale per tutto: per noi, il nostro corpo, la terra, le acque. L’acqua è fondamentale, perché ha insegnato questo ai microorganismi. È fondamentale dare qualità all’acqua. Per un giardino, non posso usare un’acqua ecologica, per esempio di falda, trasportandola con pompe a motore, perché è proprio l’acqua a trasportare l’energia e le informazioni. Non siamo noi a gestire tutto questo, ma l’acqua e i microorganismi che sono nelle gocce d’acqua. Come funziona esattamente?
S.P.: Tra tutti i microorganismi, solo l’1% può essere nocivo, quindi bisogna aumentare quelli benefici. Invece abbiamo alle spalle 50-60 anni di alimentazione industriale, piena di conservanti e altre sostanze nocive, e poi una medicalizzazione eccessiva, un abuso di farmaci e un falso concetto di igiene che hanno portato all’impoverimento di tutto, dai terreni agli animali di allevamento e al corpo umano stesso. Bisogna invece riscoprire e reintrodurre i microorganismi, i microbioti, mangiare alimenti vivi, cibi fermentati, sostituire i saponi. Noi ad esmpio usiamo i resti dei limoni fermentati, nell’orto si possono introdurre i microorganismi della foresta. Ci sono innumerevoli possibilità.
J.G.: Interessante! La signora Parodi, come biologa molecolare, si concentra sulle parti più piccole della biosfera. Io, venendo da un’esperienza pratica, mi focalizzo sul quadro generale, ma l’effetto è sempre quello di reintrodurre i microorganismi, perciò partiamo da due direzioni per arrivare allo stesso obiettivo: l’ecosistema commestibile.
Jonas Gampe
Ho studiato un libro a settimana e ho capito subito che avrebbe funzionato”.
Jonas Gampe, 32 anni, si è diplomato in giardinaggio e agricoltura e parallelamente si è formato come progettista di permacultura. A Bischbrunn, in Baviera, gestisce un ufficio di progettazione e un parco di permacultura, nel quale ne testa i principi, originariamente formulati per il clima australiano, adattandoli al clima tedesco. È impegnato in diverse associazioni che si occupano di innovazione agraria e permacultura, come l’Agrarwende Verein e il Permakultur Institut. Ha pubblicato un libro, Permakultur im Hausgarten, e ne ha scritto un secondo, prossimamente in uscita, sul potenziale della permacultura in agricoltura e nella rigenerazione della biosfera. Nei prossimi anni offrirà anche dimostrazioni pratiche con un’azienda agricola visitabile.
Saviana Parodi
Io, da sola con un trattore e 10 ettari di terreno esausto”.
Biologa molecolare, 58 anni, durante una conferenza sulla permacultura a Sydney, vi ha immediatamente visto e riconosciuto i principi del ciclo cellulare. Essendo cresciuta in campagna, non ha dubitato nemmeno un attimo delle potenzialità del nuovo metodo, apprendendone i fondamenti da pionieri australiani della permacultura come Geoff Lawton. Tra le prime a portarla in Italia, è cofondatrice dell’Accademia della Permacultura e ha sperimentato direttamente sul suo primo terreno agricolo come la terra sfruttata ed esausta sia ritornata fertile nel giro di pochi anni. Oggi gestisce anche la “Zebra Farm” e tiene dei corsi. Come esperta di permacultura e nel salvataggio di sementi ha viaggiato in tutto il mondo, realizzando progetti anche in Burkina Faso, Sudamerica e Australia. Il suo Manuale di permacultura integrale è un’opera di riferimento in Italia.