Maratona contro i cambiamenti climatici | di VICTORIA BERNI
Vita da attivista

Per frenare il riscaldamento globale, gli attivisti dedicano il loro tempo alla lotta per il clima e al movimento alternativo. Che impatto ha questo sulla loro vita?

Di Victoria Berni

La Francia è nel mezzo di una battaglia ideologica sull’ambientalismo. Da un lato c'è l'ecologia liberale, che pratica il greenwashing e appartiene a un modello economico distruttivo; dall'altro c'è l'ecologia radicale, che vuole rivoluzionare tutto il nostro stile di vita, facendo sentire la sua voce attraverso azioni di disobbedienza civile, manifestazioni, petizioni e cause giudiziarie.

Dietro questo impegno ci sono persone, alcune delle quali dedicano tutto il loro tempo alla lotta per il clima e al movimento alternativo. Il loro impegno modifica le loro relazioni, i loro sogni, le loro vite. Quali cambiamenti hanno fatto gli attivisti nella loro vita? E come fanno a tenere il passo con la maratona dell'impegno?

Quattro attivisti parlano della loro attività di militanti.

  • Ritratto di Nabelle Fotomontaggio: Victoria Berni

    Nabelle (25 anni)

    Nabelle ha fatto per tre anni volontariato nei cantieri, dove tutti imparano gli uni dagli altri e tutti sono benvenuti. Questa esperienza le ha dato “fiducia nel collettivo”. Non crede più nella “ricerca del successo individuale”, ma si concentra “sulla lotta e la vittoria della comunità”. Dice di essere “felice in umiltà e gratitudine”. Questi valori sono essenziali per lei “per lottare contro la disumanizzazione delle nostre società odierne.”

  • Ritratto di Sendo Elota Fotomontaggio: Victoria Berni

    Sendo Elota (23 anni)

    Da adolescente, Sendo è stato ispirato da sua sorella maggiore, che ha fondato un'associazione in Congo-Brazzaville per continuare a formare la popolazione sulle questioni ambientali e sociali. Quando era ancora al liceo, organizzava incontri sull'ecologia nelle periferie parigine. Contrario agli insegnamenti capitalisti della sua scuola commerciale, vuole incentivare un'ecologia decoloniale nelle periferie che sia accessibile a tutti. Sendo rifiuta fermamente le “opportunità” professionali e si impegna invece in progetti che fanno la differenza, “anche se alcuni dei miei amici non lo capiscono e anche se questo significa correre dei rischi finanziari”.

  • Porträt von Juliette Rousseau Fotomontaggio: Victoria Berni

    Juliette Rousseau (34 anni)

    La trentaquattrenne Juliette Rousseau spiega di “aver rinunciato all'ascesa sociale, anche se c'era la possibilità di avere di più” rispetto a quello che hanno avuto i suoi genitori, che lavorano come badanti: “Sapevo che non avrei trovato appagamento o significato in un lavoro che corrispondesse ai miei studi. Nel 2016, ho lasciato la carriera, una famiglia eteronormativa e la città per vivere in un campo di protesta, lo ZAD di Notre-Dame-des-Landes.”

  • Ritratto di Marie-Alexandra Perron Fotomontaggio: Victoria Berni

    Marie-Alexandra Perron (29 anni)

    Marie-Alexandra ha iniziato con un'ecologia in piccolo, ispirata dal cosiddetto Movimento Colibris. Questa ecologia individuale, però, non le basta più: “Avevo la sensazione di essere schiacciata dal sistema competitivo e sfruttatore della mia scuola di architettura e del mercato del lavoro. Oggi mi rendo conto che i cambiamenti climatici sono una conseguenza della dominazione occidentale e capitalista, di cui non voglio più fare parte. Tutto il mio essere e agire è all’insegna di un'ecologia radicale.”

 

Il dolore: una cura individuale e collettiva

“Ogni giorno, quando vedo questo paesaggio distrutto, mi sento triste”, dice Juliette, che è tornata a vivere dove è cresciuta. “Ricordo la biodiversità che conoscevo da bambina e che non esiste più. Cos'altro posso trasmettere a mia figlia se non la ferrea volontà di difendere questo paesaggio?”

Per Juliette, tuttavia, il suo attivismo non significa solo dolore e rinuncia, ma al contrario l’ha portata anche a sviluppare empatia: “Lottare significava aprire il mio cuore. L'impegno è la gioia di andare oltre ciò che ci è stato imposto. Aprirsi alla sofferenza degli altri e accettare che il loro dolore diventi anche il mio. Assistere a storie di aggressioni sessuali o minacce di deportazione. La rabbia è la quotidianità. La domanda è: dove la metto affinché non mi consumi?".

Nabelle parla della cultura rigeneratrice di Extinction Rebellion: “Cerchiamo di condividere i pesi, parliamo dei nostri sentimenti e delle nostre paure prima o dopo un'azione”. Sendo, invece, pratica l'artivismo. Scrive, fa slam, balla e parla di ecologia e questioni sociali: “L'arte non riduce la violenza della realtà, ma le dà una nuova veste. Per me è importante non lasciarmi schiacciare dall'ingiustizia. Un tempo mi ribellavo pieno di dolore, e questo mi costava molta energia. Non voglio più reagire, ma agire e creare qualcosa di efficace a lungo termine”.

Il collettivo: una nuova base per le relazioni interpersonali

Marie-Alexandra spiega di aver trovato nuovi amici: “La cerchia di persone a me più vicine è composta quasi esclusivamente da attivisti che si pongono le stesse domande. Molti di noi si vedono ai margini della società”.

Juliette ha trovato una nuova famiglia nella scena attivista: “Vivo in una comune con persone di diverse culture, e insieme stiamo cercando di dare di nuovo un posto alla spiritualità nelle nostre vite. Abbiamo celebrato un Hanukkah rivoluzionario, feste celtiche e il solstizio d'inverno. Questo sconvolge la mia eredità culturale. Le mie visite ai luoghi queer hanno cambiato la mia visione della famiglia. Abbiamo deciso di crescere mia figlia con altri adulti.”

La questione è come la pandemia sta influenzando queste relazioni e la maratona che numerosi attivisti stanno correndo. Lola dal Belgio dirà alcune cose a questo proposito nel suo prossimo contributo.

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