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​Lingua d’insegnamento
Istruzioni per la lezione

Dare le informazioni con efficacia
©Adobe Stock

Come svolgere con successo la nostra lezione mediante l’uso della lingua: consigli per servirsene con efficacia e tre caratteristiche distintive di un insegnamento appropriato.

Di Dr. Renato F. Silva

Oltre al linguaggio del corpo (non verbale), la lingua parlata è uno degli strumenti più importanti a disposizione del docente per insegnare, semantizzare i vocaboli, precisare le strutture e soprattutto per spiegare agli studenti come, con chi, per quanto tempo e via dicendo debbano fare cosa durante la lezione.

Non solo il modo in cui si dice – cosa considerare nel parlare

La lingua agisce su due livelli complementari per trasmettere le informazioni con efficacia: quello paraverbale, cioè fisico (volume, registro, velocità, stile) e quello relativo al contenuto (scelta delle parole, successione e intenzione espressiva). Questi livelli interagiscono e sono coordinati, talvolta inconsapevolmente, dall’oratore. Basti osservare ad esempio l’intonazione o l’accento delle frasi e delle parole per constatare che il livello fisico (volume, intonazione, ritmo) contribuisce alla comprensione delle parole secondo l’intenzione dell’oratore.

Come usare correttamente il volume e la velocità nel parlare?

Riguardo alle caratteristiche fisiche della lingua possiamo presupporre che parlare a volume troppo basso o troppo alto provochi negli altri una percezione prevalentemente negativa in quanto non si viene compresi acusticamente oppure si è considerati scortesi se non addirittura aggressivi. Chi parla velocemente spesso non viene capito correttamente e può sembrare insicuro, mentre esprimersi lentamente può risultare innaturale e dare agli allievi l’impressione che l’insegnante sottovaluti la loro capacità di comprendere la lingua straniera. Per questa ragione si consiglia all’insegnante di variare durante la lezione sia la velocità del parlato che il volume, soprattutto se vuole evidenziare qualcosa e accrescere il livello d’attenzione degli studenti (cfr. Heidemann 2009).
Usare la lingua considerando i destinatari Usare la lingua considerando i destinatari | ©Adobe Stock

La scelta delle parole: considerare l’obiettivo della comunicazione

In riferimento al contenuto dobbiamo valutare soprattutto la funzione e il contesto di ogni affermazione.
Ogni qualvolta l’insegnante definisca a voce le esercitazioni deve considerare che esse assumono una funzione chiara nel contesto della lezione e possono (addirittura devono!) essere formulate diversamente rispetto a un’affermazione inserita in una conversazione quotidiana. L’obiettivo dell’elucidazione di un compito non è infatti avviare o condurre una conversazione ma comunicare agli studenti in maniera precisa e univoca quale attività debbano affrontare e secondo quali modalità: si tratta dunque di impartire istruzioni concrete. Possiamo attribuire agli esercizi delle caratteristiche tangibili per aiutarci a formulare le attività con precisione e efficacia.

Le tre caratteristiche dell’esercizio ottimale

Aderire ai seguenti principi ci permette di raggiungere gli studenti nel migliore dei modi. Le esercitazioni ideali sono:
 
  1. Economiche: qui vige “brevità innanzitutto” – introduzioni come “adesso vorrei che voi…” o “a questo punto vi prego di…” sono quindi inutili se non addirittura controproducenti. Si potrebbe obiettare che esse fanno parte del linguaggio corrente e che, trattandosi di forme di cortesia, possono fungere da esempio (input) di come si prega qualcuno di fare qualcosa. Non dimentichiamo però che più un’espressione è complessa e lunga, più l’ascoltatore avrà difficoltà a decifrarla poiché ogni informazione dev’essere elaborata. Già solo la struttura di una frase subordinata con il o i verbi alla fine può rallentare la comprensione di ciò che è stato espresso.
  2. Consoni al gruppo destinatario: partendo dal presupposto che la lingua destinataria sia quella utilizzata durante la lezione e che i compiti vengano formulati in tale lingua, la scelta delle parole è decisiva e dovrebbe per principio attenersi al lessico ricettivo degli studenti. Qualora non fosse possibile rinunciare a una parola nuova e sconosciuta, dovrebbe essere espressa con l’ausilio di elementi non verbali (immagini, simboli, gesti, mimica) o comunque spiegata prima di proporre l’esercizio. E’ importante considerare non solo il suo significato ma anche il suo registro per evitare di usare parole magari simili al loro equivalente nella lingua primaria degli studenti (o ad altre lingue straniere) ma usate raramente (se non mai) dai madrelingua nello stesso contesto: ci riferiamo ad esempio ai sinonimi latini.
  3. Strutturate con chiarezza: i compiti dovrebbero comprendere informazioni su cosa, come, per quanto tempo e quando – possibilmente in quest’ordine! Gli studenti devono innanzitutto capire che cosa gli si chiede di fare: leggere/scrivere un testo, sottolineare delle parole, attribuire delle immagini alle parole, etc. Successivamente l’insegnante spiega loro se devono lavorare da soli o in gruppi e solo alla fine si distribuiscono i materiali (fogli di lavoro, ritagli etc. – cfr. Ziebell/Schmiidjell 2012). 
Vale la pena rilevare l’importanza di prevedere sempre delle pause e di attendere il feedback degli studenti per capire se tutto è stato afferrato.
 

BIBLIOGRAFIA

  • Heidermann, Rudolf (2009). Körpersprache im Unterricht, IX ed. Kempten: Quelle & Meyer Verlag.
  • Ziebell, B. & Schmidjell, A. (2012). Unterrichtsbeobachtung und kollegiale Beratung NEU. Fernstudieneinheit 32. Kassel/München: Langenscheidt. 

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